La violenza di genere non è una sciagura, è una pratica

Sono molto belle le parole e le poesiole contro la violenza che stanno fiorendo anche in questo 25 novembre, belle anche le immagini profilo customizzate e tutto il resto, fa piacere constatare come in tantə abbiano assorbito almeno la retorica della giornata ma la violenza maschile sulle donne non è una sciagura, non la reca con sé il meteo, non ci è stata inviata da un Dio rancoroso insieme a Vittorio Feltri: è un fatto umano e come tale si può fermare.
La violenza maschile sulle donne è la parte più visibile di una catena di azioni, parole, idee, posizioni sul Mondo che sono meno visibili ma soltanto perché la cultura nella quale ci troviamo ad agitare i nostri piedini irrequieti ha reso questa catena una sorta di sfondo, la città cartonata di uno sceneggiato che va in onda ormai da secoli, sempre uguale, non fa più neanche ridere, la guardano solo i fan.
Non ha quindi senso parlare di violenza di genere come di una cosa che “ci è capitata”, il cui contrasto al massimo si configuri in una fuga da situazioni conclamate (si pensi agli appelli rivolti alle donne “a denunciare” o a “fuggire al primo schiaffo”), perché abbiamo il potere di scatenarla o limitarla con la nostra pratica quotidiana come Collettività e soprattutto in quanto maschi, ad esempio:

– La frase “violenza sulle donne” è incompleta: manca “maschile“;
– Gli uomini non devono “sentirsi in colpa“, il senso di colpa è una stronzata che promana dalla religione e che ha il solo scopo di generare obbedienza. Bisogna porsi domande, relazionarsi, organizzarsi, agire;
– I maschi non hanno colpa per diritto di nascita, “come maschi” ma, dal momento che la cultura patriarcale dominante è organizzata in modo da conferire all’uomo il potere di custodirla o eliminarla, le scelte possibili sono due: o si interviene per custodirla e quindi si ha colpa, o si interviene per eliminarla. Per intenderci le donne in appena un secolo hanno già colpito duramente quella cultura, ma lo hanno fatto pressoché da sole quindi se alziamo il culo non ci rimangono male anzi;
– Quando riceviamo foto intime che non sono indirizzate a noi non dobbiamo vederle, non dobbiamo diffonderle e dobbiamo agire affinché quelle foto non si diffondano ulteriormente. Lo so è difficile perché venti secondi di erezione valgono più della vita e della dignità di una persona, eh vi capisco, sì;
– La tua gelosia non è un’indiretta dimostrazione d’amore o di interesse, è un sentimento tossico che dobbiamo iniziare a decostruire seriamente, come individui e come Comunità;
– Quando apprendiamo di un fatto di cronaca che ha una vittima e un carnefice, entrambə tecniamente innocenti fino a prova contraria, proviamo a schierarci dalla parte della vittima così, come esercizio. A volte ho l’impressione che alcuni uomini che difendono di default il presunto stupratore lo facciano perché, intimamente, temono che possa capitare anche a loro… ecco facciamocela questa domanda, anche se è squallida, e domandiamoci da dove provenga: perché non ci è chiaro quando stiamo abusando di una persona? Eh, lo so, questa era brutta;

– La violenza contro le donne trans è violenza di genere, per l’esattezza maschile contro le donne;
– Il “sessismo“, inteso come generico atto del discriminare sulla base del genere così, senza specificare un cazzo d’altro (quale genere?), esiste solo nei dizionari e nella testa di chi prova paraculamente a intorbidire le acque maschiliste in cui sguazza sciogliendoci dentro un po’ di sociologia d’accatto: allo stato attuale i rapporti di potere sono sbilanciati a favore dell’uomo e a sfavore della donna, questo è;
– Inutile girarci attorno: l’educazione dellə bambinə gioca un ruolo fondamentale quindi la lotta deve comporsi anche della promozione di una seria educazione affettiva, del superamento dei ruoli di genere, dell’accoglimento di ogni possibile espressione di genere e di orientamento sessuale, a partire dalla scuola dell’infanzia. Chi si oppone a questo tipo di attività è complice della violenza di genere e “lottare” per questo significa non lasciare alcuno spazio a chi si oppone all’educazione affettiva e ai laboratori sull’identità nelle scuole, a partire dalla Chiesa;
– Mostriamoci, esponiamoci, spogliamoci, pronunciamo bestemmie che facciano trasecolare i preti, i fasci e tutti gli sbirri dello status quo che se la stanno spassando un po’ troppo indisturbati, ultimamente.

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