Sì però diciamolo apertamente: la morte è un’ipotesi contemplabile mentre si lavora. Fa parte dell’attività in sé, certo è qualcosa che accade di rado rispetto alla totalità delle persone occupate, ma bisogna contemplarlo. Morire, finire mutilatə o feritə mentre si svolge il proprio lavoro è qualcosa che può accadere. Io ci metterei anche un disclaimer sui contratti: lo svolgimento della presente attività lavorativa potrebbe provocare la morte o il ferimento grave. Così è chiaro da subito, e se non sono previsti contratti, come nel caso dei due operai salernitani morti tre giorni fa mentre ristrutturavano una casa, allora affiggiamo dei cartelli in giro sul luogo di lavoro: continuando a svolgere questa attività, potresti incorrere in morte o ferimento, se prosegui lo fai sotto la tua responsabilità. Così è tutto chiaro da subito e la smettiamo con questa retorica insopportabile del Presidente della Repubblica che lancia strali, delle Istituzioni costernate quando poi l’incidente assume caratteri catastrofici come quello di Torino: cioè lo Stato dovrebbe proporzionare i piagnistei al proprio effettivo impegno per fermare le morti sul lavoro. Non esiste un reato specifico di omicidio sul lavoro (c’è un DDL del 2018 che non è stato neanche esaminato), gli appalti sono affidati ai migliori offerenti (si legga: chi spende di meno) a norma di Codice, il processo di precarizzazione del lavoro è stato arrestato in pratica solo da Elsa Fornero sotto il Governo Monti e ho detto tutto, qualsiasi iniziativa legislativa negli ultimi trent’anni ha concentrato la propria attenzione sulla tutela degli interessi aziendali e sul primato del profitto a discapito del lavoro ma cosa vi piagnucolate, al massimo piazzate qualche disclaimer: il lavoro può ammazzarti o ferirti molto male. Così è tutto chiaro da subito.
Che poi a guardare i dati (l’INAIL ha una sezione Open Data che è un bollettino di guerra), da gennaio a ottobre sono morte 1.017 persone sul lavoro e le denunce di infortunio sono state 448.110 quindi non è proprio definibile “rarissimo” farsi male, anche molto, sul lavoro. Andando a spacchettare i dati, la maggior parte delle morti sul lavoro sono avvenute nel settore dell’industria, a seguire il terziario, poi artigianato e agricoltura. Il 90% dei morti sono uomini, che in questo caso diciamo subiscono l’effetto del gender gap ma rovesciato. Per quanto riguarda la tipologia di contratto delle persone che hanno perso la vita sul lavoro, sarei curioso di sapere quanti dirigenti hanno perso la vita… non trovo questo dato… mh non si capisce bene… sembrerebbe quasi una strage di classe ma no, dai, basta con queste pippe politiche, è il momento del cordoglio.
Una tragedia immane. Una strage silenziosa. Vivissime condoglianze alle famiglie. Aveva solo vent’anni. Glielo potevano dire da subito alla firma del contratto e appendere qualche cartello sulla gru: quello che stai facendo potrebbe condurti alla morte e nessuno ha intenzione di fare nulla in proposito. Così è tutto chiaro da subito.
E aggiungerei: c’è chi sta peggio.
Non mi si prenda per cinico: quando sul lavoro muore un irregolare a volte nemmeno si viene a sapere.
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Infatti, quelle riportate dall’inail sono le morti sul lavoro denunciate come tali
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